Quante volte me lo sono sentito ripetere, per tutta la vita, ovunque andassi.
Il primo fu mio padre: Tu sei quello che fai mi disse con un certo fare solenne un giorno in cui evidentemente stava riflettendo su cosa lui avesse fatto nella e della sua vita.
Presumo non fosse molto soddisfatto dal modo in cui ciondolava la testa mentre me lo diceva.
Io però ero troppo piccolo per capire e ci ho dovuto riflettere negli anni seguenti.
Negli anni che sono seguiti a quel giorno ho cominciato a farci caso e la frase, sempre identica, è diventata un refrain che mi sono sentito e visto ripetere infinite volte.
Tu sei quello che fai.
La leggo sui giornali, la trovo nei libri, la sento alla radio, la vedo in televisione, la ascolto per caso in conversazioni tra sconosciuti per la strada, nei ristoranti, sull’autobus, nei musei…
Ogni volta è diretta a me.
Ma se a me non interessasse?
Se non mi piacesse vivere con questa responsabilità sulle spalle?
Se io stessi bene così, un uomo comune senza alcuna aspirazione, privo di particolare volontà di essere qualcosa o anche solo di andare da qualche parte?
Io non voglio scolpire una traccia del mio passaggio, non voglio lasciare un segno nel tempo e nella storia.
È questo che voglio.
Camera: Polaroid SLR680 – Film: Impossible 600 (manipolato)