Cucinato ad arte

Riuscire a mangiare male in una città dove le gastronomie trasmettono più fascino di una gioielleria, ed un negoziante in grembiule bianco infonde molta più competenza di una profumata proprietaria di una boutique del lusso, diventa quasi un esperimento sociale.
Una cordialità informale, condita con un accoglienza apparentemente distribuita in modo casuale, con un contorno di sapori che immagini ancora prima di gustare era un motivo ogni volta sufficiente per riportarti allo stesso ristorante.

Un accento marcato ed una loquacità un po’ teatrale ti introducevano le portate e sapevi bene che avresti ritrovato tutti gli aggettivi nei piatti scelti.
Gli occhi degli stranieri brillavano allo sciorinare dei racconti di ciò che sarebbe arrivato sulle loro tavole.
L’insieme era una croccante atmosfera di piaceri condivisi e quando gli sguardi si incrociavano, da una posata all’altra, raccontavano piccole soddisfazioni.

La mano tornava, leggera, sulla copertina del catalogo, quasi a mantenere il magnetismo legante che si era creato negli spazi della mostra.
Era posizionato all’angolo del tavolo, un po’ come si usa oggi posizionare gli smartphone: quella distanza media per non farlo sembrare una presenza sfacciata ma utile per dare modo allo sguardo di raccogliere, ad un’occhiata veloce, tutte le eventuali informazioni dello schermo, senza intaccare situazioni e conversazioni.

Viveva l’arte come un’intima conversazione con gli angoli più inusuali della sua anima.
La cosa traspariva da come scorreva le sale delle esposizioni, da come guardava le opere e da come le penetrava attraverso l’obiettivo della sua digitale mediamente performante.

“L’arte è il media tra il nostro io interiore e ciò che ci circonda.
Come la tecnologia, l’arte è, ed è stata, troppo tempo in mano agli esperti, agli studiosi, ai tecnici; non che non debba esserlo, ma non solo.
Non è una cosa per pochi, lo è diventata, l’hanno fatta diventare così.”

Come se l’ennesimo contatto con il catalogo avesse innescato l’esigenza di esternare un accumulo di emozioni, aveva iniziato a trasmettere ciò che aleggiava nel secondo piano della sua espressione.

“Ma se cambiamo, se ci evolviamo verso conoscenze ed esperienze più dense, ma leggere, questo accade anche all’arte che si evolve diventando più ricca.
E ciò che la rende più preziosa è la sua percezione verso un numero maggiore di persone.
Sempre più persone che vedono sentono e comunicano con vibrazioni più sottili ed uno sguardo più ampio.”

Le forme ricercate della bottiglia con il tappo di vetro contenevano una specie di grazie per aver apprezzato.
Il liquore dolce e forte arrotondava le emozioni e le ultime parole che si posizionavano morbide, come pietre levigate in una custodia di velluto.

Andrea Ferrato

  • Date: 19 05 2015
  • Filed under: Andrea Ferrato, Storie, Fotografia, Suoni