Dirompente, anarchico, inclassificabile, 3D.
Ci vuole il maestro ottantenne della nouvelle vague Godard a risvegliare il torpore cinematografico degli ultimi tempi.
In “Adieu au langage” in un 3D mai visto così, libera le immagini portandole ad un parossismo al limite della nausea mentre i personaggi ripresi nelle scene più stranianti e intime dialogano tramite citazione di grandi poeti e narratori.
Un uomo e una donna si incontrano e si amano, si lasciano e poi tutto ricomincia da capo mentre una voce fuori campo, forse il pensiero di un cane che scorrazza libero all’interno del film, filosofeggia di idee, società, Dei e quant’altro.
Il tutto è frullato in un condensato di immagini sovrapposte, di televisori accesi su film di un tempo che fu, di dialoghi tremendamente seri ribaltati di senso dal luogo dove si svolgono.
Lo spettatore è costretto ad uno sforzo fisico e mentale, mai passivo davanti a quello che vede.
Se cercate una trama vade retro!
Se avete invece voglia di rischiare una visione alternativa troverete un manifesto sull’incomunicabilità di una modernità assoluta.