Vent’anni fa, il 29 maggio 1994, la rivista “Q” uscì nelle edicole con una copertina che è diventata storica. La foto ritraeva la tre maggiori artiste di quella stagione: Björk, Tori Amos e P.J. Harvey.
La rivista le aveva riunite davanti ad una tazza di the e aveva lasciato che le ragazze discutessero amabilmente su un sacco di argomenti.
E, oltre alla loro musica, l’intervista ci confermò che quelle tre donne erano fatte per essere amate, non per essere capite.
Il titolo dell’articolo era decisamente troppo spigoloso: “Fianchi. Labbra. Tette. Potenza.”
Ma effettivamente, a rileggere l’articolo, si capisce perché il mondo per qualche stagione si fermò rapito di fronte a queste tre donne: erano un groviglio di caos, sfrenatezza, vitalità, sessualità incontrollata e incontrollabile.
E non immaginatevi nulla di rassicurante e che puzza di archetipo, alla “Sex In The City”.
Riuscivano a usare la loro femminilità sia come arma che come difesa.
Erano sicuramente consapevoli che quell’intervista fosse una consacrazione.
E infatti queste tre donne scaltre hanno saputo vendersi, dove invece le ingenue si sarebbero solo concesse.
E come dice Tori Amos nell’intervista: “penso che le cantautrici siano la coscienza o l’inconscio del tempo”.
E loro erano davvero le donne giuste, al momento giusto.
Testiomonial perfette di una stagione precisa.
Certo è buffo rileggere questa intervista adesso, a distanza di 20 anni.
Perché inevitabilmente si cambia e ci si re-inventa, anche se si è una rock star.
Invecchiare è noioso, ma è l’unico modo che abbiamo per vivere a lungo.
Ci sono donne che più invecchiano e più diventano tenere. Come i fagiani, direbbero i più cattivi.
Nell’intervista del ’94 Björk disse di essere affascinata da David Attenborough. E proprio l’anno scorso Björk ha registrato proprio con David Attenborough un documentario sulla musica della natura.
Ma le signore sono ancore tutte in attività, se avete voglia di “ri-trovarle”.
Björk – che l’articolo definiva come un singhiozzo celeste – ha da poco presentato al Tribeca Festival il film-concerto tratto dal suo ultimo disco “Biophilia“.
Tori Amos – che l’articolo diceva riuscisse a predicare, fare le fusa e supplicare contemporaneamente – sta per uscire con il nuovo disco “Unrepentant Geraldines“, dove il piano torna ad essere protagonista.
P.J. Harvey – che l’articolo descriveva come una diva dell’opera che aveva mangiato un tamburo – è la più defilata di tutte.
Continua a sfornare dischi bellissimi senza tanto clamore e rumore.