Ho intervistato la pioggia, non è stato facile non è una creatura loquace.
Ci siamo visti al bar, seduti ad un tavolino, lei ha ordinato un chinotto.
C’è voluto parecchio prima che riuscisse a rispondere alle mie domande, per lo più annuiva o sorrideva, ho parlato quasi sempre io, era una situazione un po’ penosa.
Si è scusata: “Sono abituata più che altro a guardare, sai, sono quasi sempre sola, anche con il resto della famiglia ci si vede poco.“
Prima di salutarci mi ha consegnato delle note scritte a mano su carta, curiosamente i fogli erano asciutti.
Le storie che aveva annotato sembravano amate più che ricordate.
Si comportava indifferentemente con grazia o ferocia, senza volontà; soffriva di sbalzi d’umore, conservava intatta la memoria dei luoghi quello che aveva bagnato.
La pioggia si riposa solo quando dorme, quando non lavora vive in un bell’appartamento in Via Zuffe, in borgo.