L’altro giorno in macchina un mio amico mi ha chiesto: “Se dovessi dividere tutte le canzoni in due gruppi, in quali gruppi le divideresti?”
Domanda impegnativa, sia chiaro.
Alla fine ho risposto: canzoni che parlano di amori finiti e canzoni che parlano di amori attuali o, meglio ancora, futuri.
L’anno domini esistenziale per ognuno di noi è la fine dell’amore. C’è un prima e per i più speranzosi, o illusi, un dopo.
Insomma i due gruppi dove la maggior parte delle canzoni si potrebbero collocare sono la resa, da una parte, e la speranza, dall’altra.
Ci sono canzoni che si concentrano sul valore della perdita e altre che invece invocano un superamento della crisi, a favore del proprio benessere.
Certo c’è anche la variabile in cui si invoca ogni forma di violenza fisica nei confronti della ex, ma lasciamo da parte il rap da questa discussione.
Tra le canzoni più rappresentative mi viene subito in mente “Nothing Compares 2U”, il brano di Prince cantato da Sinead O’Connor .
E’ decisamente la canzone manifesto già a partire dal titolo: “Nulla può essere paragonato a te”, che chiarisce subito il concetto “o-con-te-o-con-nessun-altro”. La prima strofa ci racconta subito dell’ossessione nei confronti dell’amato: “sono quindici giorni e sette ore che hai portato via il tuo amore”, con un conteggio maniacale e, visto dal di fuori, anche poco rilevante ai fini della canzone. E gli ingredienti per quel tipo di triste serenata ci sono tutti, compreso il sempre verde: “Nulla può fermare la caduta di queste lacrime. Dimmi, baby, dove ho sbagliato?”. Eh si, perché in questo tipo di canzone non può mancare una vera e propria analisi di quelle che sono state le cause che hanno portato alla fine. Spesso tendendo ad attribuirsi delle colpe, imputando a propri comportamenti la fine della relazione. Certo Sinead si è meritata il posto di rappresentanza della categoria anche per il suo esempio di vita vissuta. Certificato da più medaglie al valore.
Ovviamente la categoria degli amore impossibili, vede la sua apoteosi con le canzone che raccontano della fine tragica dell’amore con il triste epilogo del suicidio.
Poco importa se sia un suicidio di coppia, come in “Albergo a ore“, oppure che si tratti di un definitivo e macabro atto d’amore, come in “La ballata dell’amore cieco” di Fabrizio De Andrè.
La cosa fondamentale di queste canzoni è la personalizzazione del dolore. Si sta male per quella persona e non c’è via di fuga da questo dolore totalizzante. Non c’è alternativa.
“La guerra è finita, per sempre è finita, almeno per me“, per dirla al modo dei Baustelle.
Per mio gusto ho sempre trovato più coinvolgenti le canzoni dedicate alla suprema fine di un amore, piuttosto di quelle che cantano l’esaltazione della felicità della coppia e dell’unicità della cosa, arrivando a definirsi “Il più grande spettacolo dopo il Big Bang”. Insomma, si tratta sempre di esagerare i sentimenti, se non proprio di sopravalutarli. Trovo le canzoni d’amore banali e ripetitive come i film porno. Escluso quello con Cicciolina e il cavallo, sia chiaro.
Più che le canzoni che celebrano l’innamoramento, preferisco quelle che evocano la speranza di trovarlo un nuovo amore, di salire in quel bus n° 7 per il paradiso, come canta Jens Lekman.
Jens sa che il prossimo amore sarà quello giusto. E lo sa proprio a partire dai suoi precedenti errori: “il tram n° 1 è pieno di divertimento, il tram n° 2 è uno scioglilingua, il tram n° 3 ha la miseria, il tram n° 4 viene a bussare alla tua porta, il tram n° 5 mi sorprende che mi abbia lasciato vivo, il tram n°6 io lo aspetto immobile ma è il tram n° 7 che ti porta in paradiso.”
Che è solo un modo più poetico per esprimere il concetto della Carrà: “E se ti lascia lo sai che si fà? Trovi un altro più bello, che problemi non ha”.
Mi piace molto l’idea della speranza e dell’attesa di un amore guaritore. Mi piace questa tensione che deriva dal fatto che c’è spesso più angoscia nell’aspettare un piacere che nel subire una pena. “Amore è una piccola parola, una cosa part-time, un anello di carta. Aspetto una ragazza che mi amerà, giusto o sbagliato, debole o forte. E finché non troverò una ragazza; resterò sarò ciò che sono: un uomo solitario.”, così canta Neil Diamond in “Solitary Man“.
Ed è proprio la speranza o la sua totale mancanza a dividere i due gruppi di canzoni. “Quando nasce un amore non è mai troppo tardi” cantava la Oxa, “Innamorarsi va bene, ma, passata la festa, cosa resta, un male qui, un vuoto in testa. Io, no, non m’innamoro più” le risponde la Vanoni.
E forse bisogna dare ragione a Francis Bacon che sentenziava: “La speranza è buona come prima colazione, ma è pessima a cena”.
La canzone che mi piace ora
Unòrsominòre – Storia dell’uomo che volò nello spazio dal suo appartamento
“Quaggiù sembra normale vivere per lavorare, continuare per sopravvivere, quaggiù sembra normale ma è tutto artificiale”, e allora chiediamo asilo politico su Marte.
Il video che mi piace ora
Feist – Bittersweet Melodies
La canzone è la più bella tratta dall’album “Metals” dell’anno scorso. Il video è un montaggio di foto di Irina Werning che ritrae adulti nelle stesse pose delle foto scattate da bambini.
La cover che mi piace ora
Emeli Sandè – Country House (Blur cover)
Mentre sul futuro dei Blur a giudicare dalle ultime interviste c’è ben poco da sperare, cominciamo a farci bastare le cover ben riuscite come questa.