È un vero peccato che stia quasi passando inosservato il bel film di Gus Van Sant “Promise Land”.
Steve Butler agente di una società di gas naturale deve convincere gli abitanti di una comunità rurale a vendere la possibilità di trivellare i terreni per l’estrazione del gas naturale. Nel campo è il migliore, basta far credere che arriverà una pioggia di dollari con l’aiuto di qualche amministratore ben remunerato e soprassedere sui danni emersi dall’inquinamento delle falde acquifere.
Scritto dagli interpreti Matt Damon e John Krasinski e pensato per l’esordio alla regia dello stesso Damon il film riesce a tenersi in equilibrio tra le due anime di Van Sant, quella più personale di Elephant e Paranoid Park e quella più commerciale di Will Hunting o Milk.
Quello che colpisce in questa America così diversa e distante da quella delle grandi metropoli che meglio conosciamo è la sua impotenza di fronte ai grandi eventi che si prospettano. Schiantati da una crisi senza fondo gli agricoltori sono pronti a svendersi per un miraggio probabilmente senza lieto fine.
L’occhio di Van Sant indugia al suo meglio sui volti delle persone scrutando a palmo i loro passi.
Accusato di aver fatto un prodotto su commissione e quindi senza anima, invece Van Sant, riesce a lasciare allo spettatore, senza enfasi e gridare, quel senso di emozione che trapela dal non detto e dalle splendide facce dei protagonisti.