Premetto che non sono un grande amante delle serie televisive , poche riescono ad appassionarmi fino a cercarle su internet o sul demand di Sky appena disponibili.
Ho visto tutto Lost e un po’ come tutti deluso dall’imbarazzante finale, mentre inarrivabile rimane Six feet under quello si con un finale memorabile.
Forse perché tra gli ideatori ci sono gli stessi di quest’ultimo mi sono innamorato di Transparent, prodotta dalla Amazon, dimostrazione che il mondo dell’intrattenimento si sta frantumando sempre di più rispetto alla canonica fruizione del mezzo televisivo.
L’assunto è semplice quanto spiazzante, un padre di famiglia settantenne, divorziato, considerato da sempre sciupafemmine decide di essere quello che si è sempre sentito: donna.
Non cambierà solo nome e modo di vestirsi ma cambierà casa, frequenterà organizzazioni Lgbt e soprattutto lo dovrà dire ai figli.
È proprio nell’interazione con quest’ultimi che sta la parte più interessante in quanto la notizia piomba nella loro vita come una bomba ad orologeria.
La prima figlia ha scelto la sicurezza del matrimonio castrando i sogni di vera felicità, il secondo è il discografico di successo che vive storie effimere alla ricerca di quell’amore inarrivabile che conobbe adolescente con la sua tata e infine la terza forse la più intelligente ma più interessata alle droghe e al sesso facile.
Sono ognuno in fondo alla ricerca di se stessi e come dice il padre, profondamente egoisti.
Sarà probabilmente la scioccante rivelazione del padre a modificarne gli atteggiamenti verso ciò che li circonda.
Nulla risulta grottesco o forzato nonostante il tema possa essere ad alto tasso di banalizzazione.
Un altro esempio di come le serie americane siano ormai paritetiche a quel cinema indipendente che solo gli americani sanno fare e che sa così bene scandagliare la realtà.