Leggere un libro di Franzen rimane ancora un’esperienza unica nel panorama letterario.
Pochi autori hanno la capacità di narrare la storia e l’evoluzione della società come lui.
In “Purity”ultima sua fatica inoltre alleggerisce la struttura del canovaccio rendendola la lettura meno complessa rispetto al precedente “Liberty”.
Intendiamoci, la capacità di costruire attorno al personaggio principale Pip un sontuoso affresco di eventi che si ricostruiranno come un puzzle man mano che la trama avanza, rimane invariata, ma si sente che è venuta meno la necessità di dimostrare il proprio virtuosismo linguistico, già ormai ampiamente assodato,
Franzen dimostra di osservare la realtà con una visione a 360 gradi ponendo inquietanti interrogativi sulla sempre più opprimente invasione dei social media nelle nostre vite, svilendo il termine privacy a una parola vuota e inconsistente.
Ed è proprio questa la parte più evidentemente critica del racconto e l’autore dimostra di non essere omologato nel pensiero comune di esaltazione in toto dei movimenti cosiddetti “occupy” e di quei personaggi come Snowden o Assange assurti, forse troppo in fretta, a paladini della libertà.