Il termine “scatto” è stato usato per la prima volta nel 1808 dall’inglese Sir. Andrew Hooker.
Nel suo diario scrisse che quasi ogni uccello da lui abbattuto quel giorno fu frutto di uno scatto, intendendo un colpo sparato di scatto, senza prendere la mira.
In origine, quindi, era un termine di caccia e non significava “istantanea”.
In contemporanea con questo post, potete vedere il mio “scatto” realizzato per il nuovo format di Metabox.
La fotografia non può mentire, ma i bugiardi possono fotografare.
Ale Di Gangi, l’autore della mia foto, però bugiardo proprio non lo è.
Ed eccomi la: braccato, spaventato e a disagio come quel merlo cacciato da Sir. Andrew Hooker,
La foto ha catturato una delle caratteristiche che più mi rappresentano: l’arrossire.
Per me ogni occasione è buona per provare un pò di vergogna fino a perdere il controllo del mio sistema nervoso e del flusso sanguigno.
Figuriamoci farsi fotografare davanti ad altre persone!
Arrossire è una risposta del corpo assolutamente naturale. Ma non piace a nessuno.
Moltissime poesie del passato hanno esaltato le gote rosse delle fanciulle per esaltarne la purezza d’animo. La timidezza, nell’Inghilterra vittoriana, era quasi una virtù e il rossore era considerato lusinghiero.
La società competitiva di oggi invece accosta la timidezza ad un certo fare impacciato, insicuro, vergognoso e all’eccessiva sensibilità.
E le canzoni come raccontano l’arrossire e la timidezza?
La più inflazionata è sicuramente l’Albachiara di Vasco Rossi che “diventa rossa se qualcuno la guarda” o Marina Rei che “si dipinge la faccia di un rosso vergogna”.
La timidezza e l’arrossire per una donna può ancora nel 2016 rappresentare un arma di seduzione?
“Ti bacio, tu arrossisci,
Una sorta di lussuria” canta Chet Faker in “Blush“.
Quindi l’arrossire rende la signorina in questione vulnerabile e autentica, e quindi intrigante in quanto “diversamente-sensibile”?
Si direbbe di sì ascoltando Colapesce che in “Le foglie appese” canta: “Colgo il tuo rossore, commosso sparo all’abitudine”.
Più difficile da inquadrare la timidezza e il rossore che invece compare sulla faccia di un uomo fatto e finito.
Piuttosto che essere considerata lusinghiera, la timidezza per i maschietti pare sempre portare a rinunce e sconfitte.
La disfatta di Charlie Brown con la ragazza dai capelli rossi è stato solo l’inizio di una lunga saga portata avanti da timidi cronici.
Il gruppo indie di Baltimora – che ha scelto non a caso il nome Julia Brown – ci canta con estrema autocoscienza:
“Stavo tornando alla mia macchina
E ti ho vista, appoggiata al muro.
Volevo chiederti come ti chiamavi
Ma sono troppo timido, e ora non ti vedrò più.
Se fossi un tipo di ragazzo diverso
Ti scriverei una canzone con un ritornello che fa
“Oh mio Dio, mi sto innamorando.”
Arrossire aggiunge curve e tornanti alla strada giusta per innamorarsi come ci cantano anche i Yo La Tengo:
“Ricordo un giorno d’estate.
Ricordo di essere andato da te.
Ricordo la mia faccia rossa per la vergogna,
E ricordo di essermi guardato i piedi.”
Cominciate a capire perché nei semafori si sia scelto il rosso per intimare lo stop?
L’uomo è l’unico animale che arrossisce.
Ma questo non ci eleva troppo dalle scimmie dalle quali discendiamo secondo Stomae in “Formidable”
“Lo sai che nella vita non c’è né cattivo, né buono?
Se la mamma è scocciante, c’è che teme di essere nonnina.
Se papa tradisce mamma è perché mamma invecchia, capisci!
Perché sei così tanto arrossito? Ehi, torna indietro, ragazzino,
Che avete tutti voi da guardarmi
come fossi una scimmia, n’è.? Ah si, siete dei Santi, voi,
Manica di macachi!”
E forse ha ragione.
È solo sangue che gira per ricordarci che non siamo Dei ma umani, con tutte le nostre debolezze.
“Quel segreto che non sai
ma che non sai come raccontare.
Ti fotte l’onore,
Si prende gioco dei tuoi pensieri
Ma sai che in fondo ti fa bene
Per tutto il rosso che ti fa scorrere dentro.” canta Bon Iver in “Blood Bank“.
Anche i Microphones sono certi che si tratti di una manifestazione vitale:
“Sono ancora fatto di carne,
Mi aggrappo a sentimenti orribili.
Non sono morto,
Non c’è una fine,
La mia faccia è rossa.
Il mio sangue…
Scorre aspro.
Il mio cuore…
Batte forte.
Il mio petto continua a ingerire aria,
La tengo nei polmoni.
Galleggio.
Non c’è fine.”
Crescendo i rossori si attenueranno?
“Hai perso per strada il rossore e il sorriso, di chi fa finta di niente
Chissà se qualcuno ha raccolto quei baci mai dati?” si chiedono Fabi, Silvestri e Gazzè.
Nel frattempo vale la pena seguire i consigli di Tori Amos che in “Purple People” invita le persone paonazze a superare il disagio facendo un po’ di yoga per far sparire dalla mente “gli altri”.
E in realtà lasciare che succeda, perché è proprio quando si fugge che bisogna temere se stessi.
E davvero il mondo potrebbe essere salvato da un ristorante aperto a tutte le ore e che permetta di mangiare in solitudine senza troppi occhi (o macchine fotografiche) puntati addosso.