C’è una immagine divertente che sta girando in questi giorni sui social, soprattutto Instagram, che dice più o meno: “Caro 2016, smetti di portarti via i nostri idoli. Ti diamo i cambio tutti i Kardashians!”.
Al di là che a me la famiglia di Kim e Caitlyn è abbastanza indifferente, dietro una battuta di spirito si nasconde una grande e tristissima verità, cioè che viviamo un 2016 iniziato con la grande perdita di David Bowie e che continua ora con quella di un’altro mito, cioè Prince.
In entrambi i casi si parla di personaggi che, in momenti diversi della mia vita, hanno segnato con le loro note e le loro parole miei passaggi importanti, emozioni e sentimenti.
Dicono che è meglio non incontrare i propri idoli, la delusione potrebbe essere grande, e in effetti ricordo ancora quando ho intervistato un famoso stilista che avevo osannato per anni, ricordo quanto fieramente gli avevo sciorinato aneddoti e perle di sapere da vero fan, per ricavarne un freddissimo: “How cute!”, commento che ferì non poco il mio orgoglio, suonandomi come una denigratoria pacca sulla spalla.
Comunque sia, questo 2016 mi, e scusate il punto di vista meramente egoistico, ha portato via due personaggi che consideravo importanti punti di riferimento, oltre che simboli della mia adolescenza!
Fra i personaggi dei quali avevo appeso il poster alle pareti, di cui sapevo a memoria i testi di un particolare album, di cui avevo cercato vinili colorati e reperti da fanatics only.
Che dall’incontrarli live io ne potessi uscire deluso o meno, ora non importa più.
Il tempo porta con se l’illusione che ‘domani è un altro giorno’ e questo giorno potrebbe essere pieno di possibilità, di incontri da fare, emozioni da vivere, sentimenti da condividere, esprimere e raccontare.
Ci illudiamo di essere eterni e che quello che non abbiamo fatto oggi potrà essere portato a termine domani, che le ‘rose che non colsi’ avrem sempre tempo a vederle sbocciare con nuove gemme. Non è così.
Io non potrò più vedere un concerto di Prince e dirgli che tutte le volte che sento l’intro di “When doves cry” mi vien la pelle d’oca, così come non potrò raccontare a David che cito spesso ai miei studenti il suo film “Miriam si sveglia a mezzanotte”, quanto mi metta energia “Let’s dance” e tristezza “This is not America”, che vederlo scendere sul palco dall’alto nella tappa fiorentina del “Glass Spider Tour” nel 1997 rimane una memoria indelebile nei miei circuiti neuronali.
Il tempo ci porta via non solo le persone, ma quello che hanno rappresentato per noi da un palco o ammiccando in un video.
Potrei forse lavorare nella moda se non avessi cantato “Fashion” di uno e stampato nella memoria il video di “Wish you heaven” dell’altro (non a caso girato da Mondino, che nella moda ha sicuramente detto molto)?
Se faccio quel che faccio è anche grazie a loro, e non posso scriverlo se non con una punta di poco velata malinconia.
Ma forse Prince ci inviterebbe ad essere meno razionali e ci coinvolgerebbe in un “…tonight we gonna party like it’s 1999”. E sia! Let’s celebrate our idols.