Forse, nonostante tutte le ultime posizioni in classifica che l’Italia sta riuscendo a conquistare tra gli indici di qualità di un paese sviluppato, forse gli italiani potrebbero essere i primi a vedere la trasformazione da una società basata sull’economia ad una società basata sulle persone.
Nessuna rivoluzione, nessun cambiamento repentino.
Un’evoluzione lenta, tra le macerie di una totale incompetenza politica e le rovine dei tanti che sono stati travolti dal crollo di un’economia senza fondamenta che non fossero quelle di pochi soggetti forti.
Pensare a questi giorni, in cui la classe politica si ostina ancora a magnificare la propria demenza senile con giochi di prestidigitazione già svelati, affatica l’entusiasmo verso tutta una serie di segnali che comunque descrivono nuovi percorsi.
Sono percorsi che nascono da persone che stanno unendo nuove potenzialità e con queste costruiscono le basi per un nuovo concetto di economia che parla di rapporti tra esseri umani.
In questo contesto la rete è fondamentale perché unisce le persone e permette un flusso incessante di idee. Ma sono i nodi della rete che fanno la differenza: chi la vive respira la naturalità della collaborazione, in ogni campo.
La specificità dei singoli da cardine competitivo a elemento di semplificazione per l’attività di coloro che hanno bisogno di quella competenza: una modalità collaborativa che rilancia l’imprenditorialità con la condivisione delle competenze.
L’Italia ha una storia economica basata sulla collaborazione dalla quale dovrà obbligatoriamente attingere e alla quale può associare le leve dell’innovazione e dei principi (teorici e pratici) della rete.
(Ecco un esempio)