Ma allora, crolla o non crolla? O non sarà già crollato e non me ne sono accorta? E poi le macerie chi le porta via? Come mi devo vestire per un crollo?
Quello che sta crollando (o è già successo o succederà) è il “sistema moda”. Forse ci vorrebbe la maiuscola, così fa più paura: “Sistema Moda”.
Insomma, da un po’ non si parla d’altro, è bastato che alcuni brands e stilisti annunciassero la modifica dei calendari delle sfilate che su molti media si sono manifestate le interpretazioni più varie, annunci di catastrofe compresi. In realtà nessuno ha ancora capito benissimo come gestire la necessità di proporre al pubblico i capi subito dopo le presentazioni e non sei mesi dopo, “il come” è ancora un po’ incerto e probabilmente ci vorranno alcune stagioni prima che si consolidi un nuovo modus operandi, possibilmente comune.
Perché l’unica certezza attuale è che nessuno sa ancora esattamente come ci si riorganizzerà nei dettagli.
“Basta precollezioni e due sole sfilate all’anno, si riduce il tempo di consegna ai negozi e non si satura il mercato”: ora come ora realizzano il grosso del fatturato, parrebbe strano.
Forse cambieranno nome e calendario, ma piuttosto rinuncerei alle collezioni per sfilata, che spesso sono progettate in fretta e male.
“I capi saranno presentati in segreto ai negozianti, poi nelle sfilate una volta prodotti e immediatamente in vendita al pubblico”: forse, però bisognerebbe saltare una stagione di presentazioni per riallineare il calendario, e tutta la tribù degli addetti ai lavori ne soffrirebbe (e nessuno che pensi ai fashion bloggers a spasso, che cattiveria!). Mantenere i segreti, poi: problema.
“I capi saranno prodotti a tempo record (tipo dagli Oompa Loompa o dagli elfi domenstici di Hogwarts?) e venduti poche settimane dopo le sfilate”: esiste già, è una cosa che si chiama “pronto moda” (fast fashion, per pudore) e non sembra facilissimo trasferirne i tempi alla complessità del ready to wear.
“Sarà tutto deciso dal marketing e dagli uffici prodotto”: già ora non è che non contino nulla, anzi. Solo che quando lavorano bene insieme all’ufficio creativo il risultato farebbe felice Zio Paperone, quando vanno avanti da soli lo farebbero piangere.
“Il sistema attuale non regge più, chissà quanti brands spariranno”: sì, alcuni spariranno, e, spero che quelli nuovi non siano solo delle distrazioni per celebrities, che a volte non portano neppure bene, pensando ai molti e vari problemi di Mr. West.
E se qualcosa crollerà, pazienza! Si sostituirà con altro, forse era anche il caso di pensarci un po’ prima, approfittare, che so, delle traversie economiche della crisi del 2008 per rivedere alcune strategie e prepararsi a un futuro più veloce e inevitabilmente diverso.
Ma poi… ho varie volte spiegato ad alcuni incolpevoli studenti che “la moda si reinventa per sopravvivere, perché nei mutamenti ciclici e continui sta la sua ragione di essere” e quindi l’araba fenice dovrebbe spaventarsi per qualche appuntamento saltato? Ma no.
Intanto il dibattito – il dibattito, un fantasma ancora in giro per l’Europa – si anima, forse perché queste di febbraio e marzo potrebbero essere le ultime sfilate come le conosciamo (not a big “drama” in my opinion), forse perché i media online non possono vivere di soli gattini e la moda attira il click baiting anche se spesso i contenuti degli articoli sono imprecisi e approssimativi… abbiamo presente lo “spiegato bene” © Il Post? Ecco, il contrario (piccolo spoiler: Rihanna non è il direttore artistico di Puma, solo di una linea, Fenty).
Ribattere… a volte sì, ma chi ne ha voglia!? Con il rischio di sembrare un troll poi!
Intanto però mi mancano l’autorevolezza algida e priva di interpretazioni delle cronache Rai dell’indimenticabile Bianca Maria Piccinino , imperturbabile a tutti i rivolgimenti, di orli o di “sistema”.