Chi dice che il tempo è una cura risolutiva per tante cose, soprattutto per il dolore, dice una gran fesseria.
Se il tempo riesce davvero a cancellare qualcosa che è stato grande, un affetto, un’amicizia, un amore, allora questo forse poi tanto grande non era.
Non la pensavo così, ma poi la vita ti fa cambiare opinione ed io son sempre stato a favore di chi ha il coraggio di mutare un pensiero.
Robert Redford chiede a Barbra Streisand in “Come eravamo”: “Sei proprio tanto certa delle cose di cui sei certa?”. Lei risponde di sì, ma poi nel film è quella che soffrirà di più proprio per questo motivo.
Io non son certo di nulla, per cui son pronto a smentirmi anche su quello che scrivo, fatto è che l’esperienza mi ha insegnato che la frase fatta sul tempo capace di guarire le ferite non mi appartiene proprio.
Sono passati vent’anni e io sento ancora i suoi tacchi sulle scale.
Mi sembra di citare Almodovar che in un suo vecchio film, “Tacones lejanos”, la traduzione in italiano “Tacchi a spillo” non mi è mai piaciuta, faceva proprio dire ad un suo personaggio una cosa simile.
Ma è così: io chiudo gli occhi, metto all’erta il senso dell’udito e magicamente appare la corsa sui tacchi per i due piani che separano il portone d’ingresso del palazzo da casa mia, potrei quasi alzarmi e andare ad aprire la porta e una volta l’ho anche fatto, trovandomi davanti una spazio vuoto. È da vent’anni ormai che quei tacchi sulle scale non ci sono più e il tempo non è riuscito neanche a farmi dimenticare la voce.
Tutti dicevano: “Vedrai che quella non la ricorderai”, forse pensavano di farmi un favore, di aiutarmi ad affrontare una perdita, ma io a quella voce mi sono aggrappato con tutte le mie forze e ancora la sento.
Mentre se chiudo gli occhi rivedo una scena.
Era più o meno questo il periodo. Ricordo che di mattina adempivo ai miei orari di servizio civile in una cittadina vicino, poi il pomeriggio tornavo e la accompagnavo a fare terapia.
In una di queste occasioni lei, che anche in una situazione come quella, dolorosa sul piano fisico e psicologico, riusciva ad essere generosa e a pensare agli altri più che a se stessa, mi vide pensieroso e nervoso. Era da tempo che volevo parlarle.
Dopo i mesi passati per finire gli studi, una vera e propria accelerata, una sorta di tour de force con molti esami sostenuti in pochissimo tempo, affrontati per arrivare a conseguire una laurea, anche, se non principalmente, perché volevo che lei fosse presente, prima che il male che stava affrontando la portasse via, perché volevo fosse felice e fiera di me in quel giorno, tanti i ripensamenti e i dubbi arrivati dopo.
Avevo paura per il futuro, non ero sicuro delle mie scelte, ed egoista, come solo un ragazzetto alle prime armi con la vita può essere, volevo il suo consiglio e la sua benedizione. Sapevo, e questo mi atterriva, che lei non ci sarebbe stata, comprendevo, grazie anche ai miei studi, la diagnosi e conoscevo bene la prognosi. Colsi quel momento e al suo: “Cosa ti turba?”. Le raccontai, i miei sogni e le mie paure, le chiesi una opinione su quello che avrei dovuto fare.
Eravamo in una camera d’ospedale, le stavo tenendo la mano, avevo cercato di scherzare e dire scemate fino ad un attimo prima, cosa che la faceva ridere sempre, ma lei voleva capire cosa turbava me e perché ero in una fase di stallo e io avevo bisogno di dirle cosa volevo essere, cosa sognavo di essere.
Perché ripenso a tutto questo oggi? Perché da quell’episodio ad ora, tutte le volte che ho un dubbio ed una perplessità io risento la sua voce: “Stefano non devi perder così tanto tempo su quello che sarà, non arrovellarti sul problema, intraprendi una strada, poi potrai cambiare o tornare indietro. Devi ricordarti che sei molto più forte di quello che pensi, hai tante qualità, non solo quelle che ti hanno portato a studiare e a conseguire una laurea. Ad esempio, hai questa passione per la moda, secondo me diventerà un mestiere. Vedrai quante cose succedono se credi in te stesso di più”.
Oggi che i dubbi sono tanti, che il periodo che sto vivendo mi fa mettere in discussione molti aspetti della mia vita, quelle parole sono lì nell’orecchio forti e chiare come sempre.
E, no, il tempo non ha smussato nulla, anche la forza dirompente del messaggio. Siamo più forti di quello che pensiamo di essere, lo siamo sempre basta credere in quello che siamo.
E no, il tempo non ha smussato neanche il dolore, mi manchi tanto Laura, tantissimo. Ma ti prometto che crederò in me e in quello che posso fare.