Da qui alla stazione c’è un numero sufficiente di ragioni; vite osservate con lo sguardo basso, provando a capire il loro movimento attorno ed in uno spazio che non diventa mai comune, se non per contatti improvvisi non voluti e appena accennati nei volti e nelle espressioni.
So che, se vorrò piangere, non potrai essere tu ad evitare che le lacrime cadano su un pavimento qualsiasi quindi continuerò ad annusare tutti i fiori anche per te pensando che comunque anche le note meno intense ti arrivino come una quotidiana primavera.
La gente si accumula al passaggio pedonale quasi come se dovesse impedire con la propria crescente presenza il flusso delle auto, piuttosto che attendere il segnale convenuto.
E, al segnale, sembra di sentire un sospiro di sollievo ed una sferzata di energia sguinzaglia tutti come atomi impazziti, a cercare la traiettoria migliore per arrivare oltre le strisce d’asfalto.
La temperatura del treno è palesemente da regolamento, qualcosa che non ti fa pensare ad un gesto di cortesia ma a qualcosa di dovuto.
Ti obbliga a spogliarti e questo sul principio ti piace.
Più che di una condivisione qui c’è una conquista degli spazi, scandita da una gestualità che determina le distanze, compresi i sorrisi, armi sottili di una tattica d’occupazione.
Le intenzioni delle tue prossime parole vibrano tra le mie mani con regolare caparbietà.
La tua e la mia costanza parlano silenziosamente tra loro.