Macchine della memoria…
A vederle sono delle nature morte, vengono allestite su un tavolo in cucina lontano dai fornelli, di fronte alla sedia dove sediamo per mangiare.
Si usano oggetti che sembrano quelli per il disegno dal vero: anatomie di gesso, radici, pentole di terracotta, bollitori e vecchie caffettiere, solidi geometrici in legno, bottiglie di vetro, a volte anche stoffe di velluto.
Questa volta ci sono anche frutti e verdure, il risultato assomiglia un po’ ai quadri olandesi del seicento.
Oggi la macchina è stata preparata con cura, c’è molta attenzione ai colori, i ricordi che torneranno alla mente dipendono molto dagli equilibri cromatici.
I limoni hanno ancora le foglie e questo ci ricorda di quando si era degli alberi, porta alla mente la piacevolezza della pioggia tra i rami.
Poi ci si ricorda di quando si era un sasso e come era curioso sentirsi consumare dalle intemperie.
Poi ci si ricorda di quando non era si era ancora nati: vivevamo nello stomaco di una balena, agitavamo una lampada per non perderci e dormivamo sugli armadi.
Vengono alla mente le passeggiate sulle bocche dei vulcani, la volta che si aprì il sipario del palcoscenico e cantammo senza accompagnamento, la volta che provammo a rimpiangere qualcosa della nostra giovinezza, ma non trovammo nulla di abbastanza importante.
Riusciamo a ricordare quando è stato che tutti i pensieri sembravano oro fuso, e tutte le volte che abbiamo aiutato i morti seppellire i morti.
Ci ricordiamo, finalmente, della volta che parlammo con Dio e di come Dio si annoiasse delle nostre piccole esistenze.