Ormai credo sia solo controproducente continuare a sostenere la tesi del baratro culturale che affligge la classe politica italiana in merito all’evoluzione che la rete sta portando in ogni settore, sociale ed economico.
Quando ci si arroga il diritto di decidere cosa va visto e cosa non va visto, quando si elimina ogni ragionevole percorso per definire cosa è legale o meno, quando persone senza competenze e ammanicate con i poteri economici e politici sono inseriti in strutture che dovrebbero essere super partes direi che c’è solo una evidenza.
Il tema è troppo importante per essere affidato all’incompetenza e agli interessi, la libertà della rete non può essere rappresentata da una fazione politica.
Siamo solo all’inizio di una trasformazione ampia e radicale che coinvolgerà ogni livello della natura umana; se la frase sembra esagerata è solo perché le trasformazioni che sta portando la rete sono ancora difficilmente percepibili e vengono generalmente tradotte in linguaggi noti che però ne descrivono solo la superficie.
Ciò che l’Agcom sta tentando di fare è una mossa subdola utile solo a certa politica e a certi poteri economici: a certe soluzioni si può fare solo muro, le soluzioni devono arrivare da un dialogo ampio che non può non considerare chi realmente vive la rete, chi la sta pensando, chi sta cercando di comprenderne i significati profondi.