Sono abituato a considerare le mie mostre come la parte conclusiva di un percorso.
Sono un rito, una appendice, un evento piacevole, da preparare con cura, da comunicare con precisione, ma che non aggiunge nulla al mio lavoro.
L’ultima mia personale si è chiusa qualche settimana fa, ha avuto un apice durato tre giorni, sono venute a trovarmi molte persone, la maggior parte conosciute, alcune nuove, altre che conoscevo solo in rete.
Molti di loro hanno riconosciuto il mio lavoro e me, molti erano contenti di vedere me ed i miei lavori; sono venuti alcuni ex studenti, ho avuto la sensazione che con le con loro visite mi ricompensassero per la qualità del tempo che, attraverso le opere, avevo dedicato loro.
Ecco… io non me lo aspettavo, non avevo previsto che questa esposizione mi avrebbe messo al centro di un flusso di affetto e gratitudine, non avevo ancora pensato che una mostra può essere una forma di dialogo attivo, il cuore di un’azione artistica.
È dal 5 di settembre che non riesco a smettere di essere felice.