La porta si aprì sulla luce gentile del mattino, in un movimento sincrono con la testa di lei che ruotò quel minimo, a confermare la percezione della presenza nel proprio spazio.
Un lieve sorriso dietro i capelli confusi, quel bisogno di ancora un po’ di distanza da quel suo spazio privato tra la notte intatta ed i pensieri ritrovati tutti allineati dal giorno prima.
I gesti consueti, senza un peso specifico, improvvisamente fanno rumore e ogni movimento è un eco di altri istanti: la realtà che vacilla tra il profumo del caffè, buono anche questa mattina.
Le parole si appiccicano al barattolo della marmellata e le mani si osservano, le dita esplorano le parti molli e le durezze.
Per capire dove è rimasto quel ricamo di sorrisi, quel fluido in cui sciogliersi senza il pensiero di farlo.
La radio della vicina mescola le notizie con il fruscio del vento, le occhiate furtive all’orologio cercano un tempo che non tornerà.
Lei si alza dal tavolo sinuosa come il fumo di una candela spenta, sfiora con la mano il bordo del piano disegnando tutta una serie di motivi e di ragioni.
La luce gentile canta in tutta la casa e tutto un mondo entra ed esce dalle finestre salutando appena, quello che serve per confondere i dolori con le necessità.
Andrea Ferrato